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Integrazione scolastica - Inclusione

L’integrazione scolastica degli alunni con disabilità o svantaggio è perseguita nel rispetto della diversità di ciascuno, nella ricerca dello sviluppo delle potenzialità di tutti e delle loro valorizzazioni.

In presenza di casi “problematici” per focalizzare l’attenzione sulle esigenze e le modalità per soddisfarle, vengono costruiti progetti mirati con cui, attraverso l’integrazione delle diverse competenze in campo, si possa meglio rispondere ai bisogni.

La Direttiva Ministeriale del 27/12/12 ha introdotto la figura dei B.E.S. (Bisogni Educativi Speciali, riferita a tre categorie principali: disabilità, disturbi evolutivi specifici e svantaggio socioeconomico, linguistico e culturale) in riferimento al modello I.C.F. - International Classification of Functioning, disability and health -, fondato sul profilo di funzionamento e sull’analisi del contesto, come definito dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS, 2001), prevedendo un Piano Annuale per l'Inclusività (P.A.I.) che tiene conto anche della Legge 170/2010 e del DM 5669/2011 riguardanti il P.D.P. (Piano Didattico Personalizzato), documento importante che prende spunto delle linee guida per il diritto allo studio degli alunni e degli studenti con DSA. Anche la CM 8 del 6/03/13 e la Nota 2563 del 22/11/2013 sottolineano l'impegno prezioso del Gruppo di Lavoro per l'Inclusione (G.L.I) a favore delle situazioni di svantaggio.

Affrontare il tema dei Bisogni Educativi Speciali nella scuola è certamente un processo complesso; la nozione di BES, di uso comune nei paesi anglosassoni, non è univocamente definita.
Sebbene relativamente simili, a seconda degli autori, dei paesi e dei momenti storici, le varie definizioni presentano alcune differenze. In linea di massima e semplificando, tutte descrivono situazioni in cui la proposta educativa scolastica quotidiana, “standard” - pur considerando una fisiologica fascia di variabilità individuale - non consente allo studente un apprendimento e uno sviluppo efficace, a causa delle difficoltà dovute a situazioni di varia natura.

A ben guardare, non si tratta di un concetto innovativo, dato che il riconoscimento di situazioni di difficoltà non dovrebbe essere estraneo alla professionalità docente. L'aspetto di novità è invece l’approccio, riferito all'uso dell'espressione "bisogni": esso infatti sposta la prospettiva dell’educatore da una posizione statica/esterna - constatare le difficoltà presentate dallo studente nel raggiungimento degli standard - ad una posizione più dinamica/coinvolta: rispondere alle necessità della persona in formazione.

Nel momento in cui  uno studente vive una condizione che gli rende difficile o impossibile rispondere adeguatamente e produttivamente, è necessario che anche la scuola attui degli adattamenti alla propria proposta, in funzione del maggiore successo formativo possibile dello studente.
Non è sufficiente, quindi, preoccuparsi di definire chi sono gli studenti in situazione di BES; importante invece è cambiare il modo di insegnare e di valutare, affinché ogni studente in relazione alla sua condizione e alla sua manifesta difficoltà trovi la giusta risposta.

Per comodità di comprensione, l'espressione BES è utilizzata per definire tutte le situazioni in cui gli studenti incontrano importanti difficoltà nel percorso scolastico; tali situazioni possono essere ricondotte a due gruppi principali:

  1. le condizioni già oggetto di interventi regolati da una normativa (L.104/1992 - L. 170/2010)
  2. le altre situazioni citate dalla Direttiva o previste dalla L. 53/2003.

Nel primo caso si collocano tutte le situazioni certificate in base alla normativa specifica; nel secondo, invece, si trovano tutte le altre situazioni di studenti con difficoltà scolastica effettiva, dovute a vari motivi, comprese anche le situazioni di difficoltà diagnosticate ma non certificate o quelle al limite della patologia.
Sono tali situazioni, non evidenziate e “non tutelate” da normative specifiche, che la Direttiva vuole richiamare all’attenzione delle scuole con rinnovato vigore.

Ogni alunno, con continuità o per determinati periodi, può manifestare Bisogni Educativi Speciali: o per motivi fisici, biologici, fisiologici o anche per motivi psicologici, sociali, rispetto ai quali è necessario che la scuola offra adeguata e personalizzata risposta.

La logica complessiva è quella di lavorare nella direzione di un miglioramento continuo del grado di inclusività, sulla base di una riflessione approfondita (che rimanda ad un processo di autovalutazione) e di una progettazione funzionale alle esigenze con crete degli studenti e alle risorse professionali e di esperienze della scuola.

Il nodo fondamentale è quello di una didattica davvero inclusiva, centrata sui bisogni e sulle risorse personali, che riesca a rendere ciascun alunno protagonista dell’apprendimento qualunque siano le sue capacità, le sue potenzialità e i suoi limiti.

Va favorita, pertanto, la costruzione attiva della conoscenza, attivando le personali strategie di approccio al “sapere”, rispettando i ritmi e gli stili di apprendimento e assecondando i meccanismi di autoregolazione.
L’integrazione scolastica, infatti,  persegue i seguenti obiettivi:

  • favorire l’integrazione sociale dei minori disabili o generalmente a rischio di emarginazione
  • realizzare interventi in un’ottica il più possibile preventiva
  • lavorare in un’ottica di collaborazione e integrazione tra i diversi servizi e le diverse competenze.

L’integrazione scolastica si avvale delle seguenti figure:

  • Educatori
  • Assistenti all’autonomia personale
  • Personale specializzato in disabilità.

L'inclusività richiama quindi 7 concetti chiave:

  1. Equità nella lettura dei bisogni
  2. Responsabilità pedagogico - didattica contro la delega biomedica
  3. Corresponsabilizzazioni curricolari contro la delega al sostegno
  4. Adattamento, flessibilità, personalizzazione e individualizzazione
  5. Coinvolgimento forte dell'Istituzione scolastica tramite G.L.I e P.A.I.
  6. Rilevazione, monitoraggio e valutazione
  7. Intelligenza territoriale.